Piccolo spunto, da una riflessione di Ellen Berman.
Questione soldi : tema che viene fuori molto spesso nelle discussioni, una “ferita” che molti “creattivisti” si portano appresso.
Vivendo in un mondo imperfetto, in cui abbiamo un piede in un ipotetico nuovo paradigma ma l’altro ancora fortemente intrappolato in quello attuale, fatichiamo a rintracciare il punto di equilibrio tra i nostri bisogni e le possibilità di altri che ci chiedono .
Chi si impegna a fare delle cose in cui crede e che sono belle e forse anche importanti, spesso si sente molto a disagio ad esprimere comunque la necessità di un compenso di semplice indole materiale (visto che non possiamo vivere di sola aria).
Molti creativi culturali, per poter essere in grado di fare quello che fanno,dedicano una parte molto considerevole ad attività non solo non remunerative ma spesso a budget sottozero (autotassazione come modus operandi per fare quella cosa lì che interessa tanto).
E’ vero che lo fanno perrchè questo li appassiona e li diverte (non neghiamo l’evidenza), ma questa modalità di donazione non potrà essere infinita .
Ci sono dei contesti in cui non si deve dare per scontato che possiamo fare qualcosa sempre e comunque a titolo non oneroso : abbiamo bisogno di reciprocità. Trovare una soluzione che possa accontentare le parti non è un’impresa improba. Basterebbe prendersi la responsabilità per noi stessi : esprimere i nostri bisogni e osare chiedere quando serve ed è opportuno (non tutto sempre e comunque gratuito, dipende dalle possibilità reali di ciascuno).
Se facessimo così, non solo riusciremmo ad avere quel minimo di supporto per poter dedicarci anche in futuro a quello che ora facciamo con tanta passione ed esprimere così i nostri talenti, ma potremmo anche non limitare un impegno civico solo a chi ha spalle coperte e può permettersi questo lusso.
Le condizioni delle persone attive nel sociale e ambientale possono essere molto diverse. Molti ricavano il proprio reddito dall’attuale sistema (multinazionali, università o pensione) e con quanto ricavano possono decidere di dedicare parte del proprio tempo ad attività volontaristiche che fanno del “bene” (il Professore di turno che partecipa alla conferenza e può contare su un entrata elargita dall’università o altro, si può permettere di rinunciare al rimborso spese).
Ma c’è anche chi, attivo da anni sul fronte sostenibilità e affini,magari con partita iva a reddito ridicolo, si ritrova nella condizione di “evasore presunto”definito “non congruo” dagli studi di settore. Nemmeno lo Stato può credere a una persona che afferma di “donare” parte del suo tempo a titolo gratuito . Comunque sia, si tratta sicuramente di persona privilegiata in quanto almeno avrà un supporto economico a cui attingere (marito,famiglia,piccola rendita).
Quante sono invece, le persone che vorrebbero continuare ad esprimersi in ambiti in cui credono? Magari sanno fare anche bene, ma sono in stallo, fermati dalla scarsità delle entrate nemmeno sufficienti a sostenere le spese di base.
Che ci piaccia o no, non tutti i nostri attuali bisogni possono essere soddisfatti con l’autoproduzione e il baratto : gli oneri fiscali o le utenze ci vengono comunque tuttora richiesti in Euro sonanti.
Chi ha aspirazioni politiche dovrebbe prendere spunto da queste riflessioni per uscire dal boomerang del buonismo del volontariato, con dall’altra parte la difesa a spada tratta dei stipendi degli operai che fanno magari lavori dannosi e inutili.
Riconoscere apertamente il Valore di queste azioni (il denaro non è lo sterco del diavolo), darebbe una sostenibilità effettiva all’energia prodotta; allontanarsi da certa carità pelosa potrebbe aprire spazi di manovra per azionare la leva del cambio.
Nel frattempo, avendo noi per primi difficoltà a chiedere un “contributo”, elelnchiamo di seguito le regole (molto flessibili) che ci piacerebbe adottare tutte le volte che ci invitate per facilitare un incontro con OST o World Cafè o per tenere un tTalk.
– accordare con il relatore/facilitatore coinvolto un riconoscimento che possa trovare un punto di equilibrio tra le possibilità reali di chi organizza e le necessità del relatore stesso, tenendo presente anche il tempo e l’energia data (è un ttalk fatto in serata? si tratta di mezza o intera giornata? quanto è il tempo totale che questo prende tra viaggio e evento? il tempo di preparazione? ecc.). Preferiamo non proporre tariffari ma lasciare ogni scelta alla responsabilità di entrambe le parti (organizzatore e facilitatore/relatore) – quando l’organizzatore proprio non dovesse avere altre possibilità il relatore può scegliere eventualmente di dare il proprio contributo a titolo completamente gratuito ma per favore non datelo per scontato ! Siamo comunque aperti alle proposte creative (doni, scambi, baratti).
Molto importante parlare di questi argomenti !
In Italia è difficile persino parlarne per una cultura molto radicata tra le persone.
Per questo si crea una situazione assurda in cui un dirigente di una banca che sta contribuendo al tracollo dell’economia arriva ad uno stipendio annuale di diversi milioni di euro e una persona che mette il suo tempo e la sua energia in iniziative come le città di transizione fatica ad arrivare alla fine del mese.